L'obbligo di assunzione derivante dalla pubblicazione di un bando di concorso e limiti all'esercizio sercizio dell'autotutela nel pubblico impiego ( Cass sez. unite 29916 del 13 dicembre 2017) | Lavoro Lex - Studio Legale
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L’obbligo di assunzione derivante dalla pubblicazione di un bando di concorso e limiti all’esercizio sercizio dell’autotutela nel pubblico impiego ( Cass sez. unite 29916 del 13 dicembre 2017)

Nel caso in cui la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti attraverso il sistema del concorso e abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali, prevedendo il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile, sono rinvenibili, in un tale comportamento, gli estremi dell’offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico, non solo al rispetto della norma con la quale ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede.

Il superamento di un concorso pubblico, indipendentemente dalla nomina, invero, consolida nel patrimonio dell’interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo (Cass. n. 9384 del 2006, n. 23327/2009, n. 21671/2013, n. 14397/2015), con la conseguenza che può affermarsi che l’assunzione della ricorrente costituisca un atto dovuto da parte dell’amministrazione che ha pubblicato il bando di concorso.

In tema di lavoro pubblico privatizzato, qualora la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno e abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali, prevedendo il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata a operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un tale comportamento gli estremi dell’offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico non solo al rispetto della norma con la quale ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buonafede. Il superamento del concorso pertanto consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione di una situazione giuridica individuale non disconoscibile alla stregua della natura del bando nè espropriabile per effetto di diversa successiva disposizione generale volta, come nella specie, a posticipare la decorrenza giuridica ed economica dell’inquadramento (cfr, ex plurimis, Cass., SU, 29 agosto 1998, n. 8595; Cass., 21 agosto 2004, n. 16501 e, da ultimo, Cass., 24 giugno 2014, n. 14275; Cass., 28 novembre 2011, n. 25045; Cass., 30 dicembre 2010, n. 26493; Cass., 19 giugno 2009, n. 14478).

La giurisprudenza   ( Cass. .14397/2015 ;Cass., 24 giugno 2014, n. 14275; Cass., 28 novembre 2011, n. 25045;Cass., 30 dicembre 2010, n. 26493; Cass., 19 giugno 2009, n. 14478), ha già stabilito che: ove il datore di lavoro abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli, ecc.), prevedendo, altresì, il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un siffatto comportamento gli estremi della offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro non solo al rispetto della norma con la quale esso stesso ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede: ne consegue che il superamento del concorso, indipendentemente dalla successiva nomina, consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione di una situazione giuridica individuale, non disconoscibile alla stregua della natura del bando, nè espropriatole per effetto di diversa successiva disposizione generale(
2077 c.c., comma 2, cfr, ex plurimis, Cass., SU, 29 agosto 1998, n. 8595; Cass., 21 agosto 2004, n. 16501);
Tale principio di diritto risulta pienamente coerente con la posizione che il datore di lavoro pubblico riveste nell’ambito del pubblico impiego, cosiddetto privatizzato e con la conseguente natura delle situazioni soggettive tutelabili che fanno capo ai dipendenti, posto che la tesi secondo cui il principio dell’immodificabilità del bando dovrebbe ritenersi recessivo rispetto all’esigenza di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, non considera che, a seguito della riforma, la pubblica amministrazione non esercita più, nel rapporto di pubblico impiego, poteri di supremazia speciale, ma opera con la capacità del datore di lavoro privato e nell’ambito di un rapporto contrattuale paritario, e che, non configurandosi in capo ai dipendenti situazioni di interesse legittimo di diritto pubblico, la posizione degli stessi (integralmente importabile alla categoria dei diritti soggettivi o, a fronte di specifici poteri discrezionali, degli interessi legittimi di diritto privato, pur sempre, comunque, riconducigli alla categoria dei diritti di cui all’art. 2907 c.c.: cfr, Cass., SU, 1 ottobre 2003, n. 14625; Cass., 22 febbraio 2006, n. 3880) non è degradabile per effetto di atti unilaterali del datore di lavoro, come era in passato, allorchè la tutela del lavoratore pubblico era riconducibile (ed era connessa) all’esercizio del potere amministrativo pubblico.
Da quanto esposto discende, che, al di fuori dei casi in cui viene eccezionalmente riconosciuto al datore di lavoro, pubblico o privato, il potere di incidere unilateralmente sul vincolo contrattuale (come nei casi di esercizio del potere disciplinare o di legittimo esercizio dello ius variandi), non risulta configurabile un potere di autotutela della pubblica amministrazione, e la specialità del rapporto non è riferibile (come era nel testo originario della riforma) al perseguimento di interessi generali, ma alle singole disposizioni (essenzialmente concernenti le modalità dell’assunzione, rirrilevanza dei fatti concludenti e l’obbligo di assicurare “parità di trattamento” per i dipendenti), che determinano una regolamentazione specifica per il pubblico impiego.

Avv. Giuseppe Colucci
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