Impugnazione del licenziamento | Lavoro Lex - Studio Legale
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Impugnazione del licenziamento

Che cosa si intende per impugnazione di licenziamento

Per impugnazione del licenziamento si intende la contestazione di tale decisione del datore di lavoro di espellere o eliminare il lavoratore dalla propria organizzazione di lavoro per determinati motivi ( art 6 comma 1 legge 15 luglio 1966 n. 604).

Questi motivi ( salvo che per determinati tipi di licenziamento es lavoratori in prova o per lavoro domestico)  devono necessariamente  specificati nella comunicazione scritta di cessazione del rapporto di lavoro ( art 2 legge 15 luglio 1966 n. 604 modificata dall’art 1 comma 37, l. n. 92 del 2012 c.d. legge Fornero).

I motivi possono essere soggettivi ovvero riconducibili a un comportamento del lavoratore o oggettivi in quanto collegati a una decisione organizzativa o strategica da parte dello stesso datore di lavoro.

Queste motivazioni dei licenziamenti, talvolta, possono anche nascondere effettive ragioni discriminatorie ( per eta’, sesso, razza..) che a seguito del l’impugnazione e accertamento del giudice causerebbero la nullita’ del licenziamento con gravi conseguenze risarcitorie e  possibilità di reintegrazione del lavoratore.

A proposito di nullita’  del licenziamento, durante la pandemia covid 19 e’ stato istituito il blocco dei licenziamenti ( art 46 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 c.d. ‘ decreto cura italia e successive modifiche e integrazioni) nel senso che, dall’inizio della stato di emergenza, e’ stato introdotto il divieto di licenziare per un motivo oggettivo (organizzativo o strategico aziendale).

La violazione di questa norma sul ‘blocco dei licenziamenti’ avrebbe comportato la nullita’ con le stesse conseguenze prima indicate nel tipo di licenziamento discriminatorio.

Come si impugna il licenziamento e in quale forma?

 

Il licenziamento deve essere necessariamente impugnato in forma scritta ( tramite Avvovato o organizzazione sindacale cui e’ iscritto o che rappresenta il lavoratore).

Che cosa si intende per forma scritta?

Una lettera sottoscritta dal lavoratore e dal suo difensore o rappresentante che deve essere inviata per raccomandata A.R. o per via telematica tramite pec ( posta elettronica certificata).

Tramite quest’ultima modalità ( spesso utilizzata dagli avvocati) e’ consigliabile non limitarsi a scansionare la firma del lavoratore e del suo difensore o rappresentante ma occorre ricorrere alla firma e autenticazione digitale della firma apposta sulla procura sottoscritta dal lavoratore ( che deve essere allegata alla lettera di impugnazione del licenziamento e inviata contestualmente alla stessa).

Entro quanto tempo un lavoratore puo’ impugnare un licenziamento

 

Il licenziamento si impugna  entro 60 giorni dalla notifica o ricezione della comunicazione  da parte del lavoratore e nel successivo termine di 180 giorni e’ necessario depositare il ricorso in Tribunale esclusivamente  tramite un avvocato.

In caso di esperimento del tentativo di conciliazione ( secondo l’art 410 codice di procedura civile comma 7) davanti la commissione di conciliazione presso l’ispettorato del lavoro, il termine di deposito del ricorso giudiziale diventa di 60 giorni dal termine della procedura di conciliazione o rifiuto del datore di lavoro o mancata adesione ( nel termine di 20 giorni dalla richiesta del lavoratore).

I termini sopra indicati sono termini perentori e la loro scadenza determina l’impossibilità di impugnare o contestare il licenziamento.

Il licenziamento verbale ( senza forma scritta) e’ nullo e puo’ essere impugnato a prescindere dai citati termini di decadenza perentori.

Si puo’ tentare la conciliazione prima di ricorrere in giudizio o successivamente?

 

Il lavoratore prima di ricorrere al giudice del lavoro dichiarando di accettare il rischio di causa ( e quindi anche  una possibile decisione  sfavorevole del giudice con condanna alle spese di giudizio), puo’ tentare, tramite il suo difensore o rappresentante, la conciliazione con il datore di lavoro.

In caso di accettazione di una somma a titolo di incentivo all’esodo ( oltre il TFR e le competenze di fine rapporto) proposta dal datore di lavoro, entrambi le parti potranno sottoscrivere un accordo dichiarando di accettare le condizioni, rinunciando contestualmente a ogni reciproca pretesa.

Questa conciliazione viene generalmente sottoscritta in ‘sedi protette’  secondo l’art 2113 del codice civile  ( sindacato, commissione di conciliazione presso l’ispettorato del lavoro provinciale o commissione certificazione..) determinando la non impugnabilità’ della stessa.

I datori di lavoro, entro 60 giorni dal  licenziamento ( secondo l’art. 6 del Dlgs 23/2015 ovvero Jobs act per i licenziamenti degli assunti dal 7 marzo 2015), possono, a titolo di incentivo e rinuncia all’impugnazione del licenziamento, una somma pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura, comunque, non inferiore a tre (prima erano due) e non superiore a 27 mensilità (prima erano 18).

Per i datori di lavoro che non raggiungono i limiti dimensionali dei 16 dipendenti e per le associazioni di tendenza, l’ammontare delle somme sopra indicate è dimezzato e, in ogni caso, non può superare il limite delle 6 mensilità (art. 9 del D.L.vo n. 23/2015).

In tal caso il lavoratore avrà comunque diritto alla Naspi ( indennita’ di disoccupazione) essendo confermata l’estinzione del rapporto di lavoro per licenziamento.

 

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Tale somma offerta dal datore di lavoro non sarà soggetta a contribuzione e imposizione fiscale,  comunicando al lavoratore ( nei termini sopra indicati) le condizione dell’accordo, gli estremi dell’assegno circolare dell’incentivo proposto o accordato e la richiesta di convocazione presso le ‘ sedi protette’ sopra indicate ( Ispettorato del lavoro nota  148- 10.01.2020).

La  convocazione e sottoscrizione della conciliazione potra’ avvenire anche oltre i 60 giorni sopra indicati nelle sedi protette previste dalla stessa citata legge c.d. Jobs act ( ossia le commissioni di conciliazione istituite presso l’ispettorato del lavoro provinciale, le sedi sindacali, le province, le università, i consigli provinciali dei consulenti del lavoro e gli enti bilaterali).

In questo caso il datore di lavoro deve

entro 65 giorni dal licenziamento, trasmettere, anche attraverso gli intermediari abilitati e tramite il portale cliclavoro.it, la “comunicazione offerta di conciliazione” (aggiuntiva rispetto all’UniLav da inviare al Centro per l’Impiego competente entro i 5 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro), indicando tutti i dati del rapporto di lavoro e delle parti, la data e la sede della conciliazione, se la conciliazione ha avuto esito positivo, ossia se il lavoratore ha accettato l’offerta, e l’importo di quest’ultima.

La mancata comunicazione è sanzionata con un importo pecuniario compreso tra i 100 e i 500 euro,  nella misura minima attraverso l’istituto della diffida ( art. 6 comma 3 del d.lgs n. 23 del 2015).

 

La conciliazione, in generale,  puo’ anche avverarsi in giudizio e già dalla prima udienza di comparizione delle parti tramite anche l’intervento del giudice che puo’ tentare  di ravvicinare le posizioni delle parti, portandole al raggiungimento dell’accordo.

E’ possibile revocare il licenziamento?

 

E’ possibile  che, dopo aver ricevuto la lettera di impugnazione di licenziamento,  il datore di lavoro ( valutate le motivazioni) possa revocare unilateralmente il licenziamento ( riconoscendo i propri errori) entro e non oltre 15 giorni dalla ricezione dell’impugnazione dello stesso, invitando il lavoratore a rientrare a svolgere la sua prestazione lavoratore.

Dopo i 15 giorni e’ possibile revocare il licenziamento ( non unilateralmente) ma solo tramite accordo intervenuto tra lavoratore e datore di lavoro.

E’ possibile impugnare una sentenza giudiziale favorevole o sfavorevole al lavoratore?

 

Un giudizio di impugnazione del licenziamento conclusosi con sentenza favorevole e sfavorevole per il lavoratore o datore di lavoro, comporta la possibilità che la causa possa proseguire con conseguente aumento dei costi e compensi dovuti al difensore per altri 2 gradi di giudizio ( appello e cassazione).

In questi casi le parti devono valutare con il proprio difensore la convenienza di proseguire la causa in considerazione dei possibili rischi o di valutare una conciliazione giudiziale o nelle sedi protette.

Quanto costa impugnare un licenziamento?

 

Dipende dall’attività da svolgere ovvero dalla consulenza e assistenza svolta dall’avvocato che puo’ terminare con una conciliazioni con costi contenuti o proseguire fino ai 3 gradi di giudizio ( Tribunale, Appello e Cassazione).